Intervista a Elisabeth V.A.

La mia prima intervista è risultata un lavoro più che dignitoso e pieno di ottimi consigli da parte dell’autore intervistato – non mi sto facendo i complimenti da sola, ve lo giuro – e, cosa più importante, mi ha aiutata a sperimentare qualcosa di nuovo. È stato bellissimo e quando una cosa si rivela bellissima è giusto ripetere l’esperienza.

E infatti sono qui proprio per questo, questa volta con un’autrice piuttosto fuori dagli schemi, della quale ho letto proprio recentemente le opere, niente di meno che “I Fuorismi”.

Avete visto giusto, tranquilli; non vi si sono incrociati gli occhi. Se vi siete persi le raccolte surreal-sarcastico-demenziali che caratterizzano la produzione di BriAnnA – oh, giusto, è il nome in codice dell’autrice –, niente paura: in fondo alla pagina vi lascerò la mia recensione in proposito.


Sarò sincera, il nome ‘Brianna’ mi incuriosisce molto, quindi la prima cosa che ti chiedo riguarda proprio questo: da dove nasce e come mai hai deciso di firmarti in questo modo?

Ovviamente è un nick: rispetto al mio full name anagrafico è più facile da pronunciare e da ricordare, non solo per un italiano. Il nome viene dall’Irlanda, uno dei Paesi che amo di più oltre all’Italia: rappresenta il femminile di Brian (ogni riferimento a Brian Eno, Brian May, Brian Culbertson ed altri miei miti musicali è puramente voluto) e significa “la guerriera”. Chiariamoci: etimologia a parte, uno dei miei film preferiti è “Suppose They Gave a War and Nobody Came” (supponiamo che dichiarino la guerra e nessuno ci vada). Se non mi fanno inca***** di brutto sono sempre e comunque contro ogni forma di violenza (il problema sta tutto nella premessa…). Negli ambienti porno internazionali, diverse operatrici del settore si fanno chiamare così. Essendo per natura “politicamente scorretta”, ti confesso che la cosa non mi turba più di tanto.

Passiamo ai ‘Fuorismi’, l’argomento del giorno. Quando la Nepturanus Editore mi ha inviato le copie cartacee di tre di queste tue raccolte di “aforismi al contrario”, la mia prima reazione è stata panico puro; non sapevo che approccio adottare, non nei confronti di qualcosa di così diverso da un romanzo, da ciò che leggo di solito. Come è nata l’idea di dedicarti alla scrittura dei ‘Fuorismi’?

Ti confesso che ho iniziato questa cosa quasi per gioco, spinta devo dire dall’editore che, più pazzo di me, per primo ha creduto nella sottoscritta. Sono sorpresa, per non dire imbarazzata, di suscitare così tanto interesse, almeno presso le blogger. Pubblico finora non pervenuto, anche perché la promozione non è mai stata il mio forte. Infatti diverse volte sono stata bocciata… Come sono nati i ‘Fuorismi’? Diciamo che a furia di sentirmi dire da ex cape, ex colleghe ed ex fidanzati che “facevo ridere”, ho deciso di provarci davvero.

Avendoti chiesto questo, è automatico chiederti anche da quale strano calderone – sì, parliamo per metafore – riesci a tirare fuori tutte queste massime di natura sarcastica e molto pungente. Davvero: mentre le leggevo, ciò che mi chiedevo in continuazione riguardava come facessi a pensare a tante “frasi” tanto diverse tra loro.

Spesso i ‘Fuorismi’ mi vengono in mente da soli mentre sto facendo altro, senza un motivo apparente. A volte addirittura nel sonno: se non riesco a svegliarmi per annotarli non tornano più, li perdo per sempre. Cosa che mi scoccia non poco, mi arrovello per giorni cercando di ricordarli… Quando la mia mente è vigile (raramente, anche perché i vigili mi stanno, scusa il francesismo, sulle ovaie) derivano dalla semplice osservazione del mondo circostante, inteso anche come il circo che ci sta intorno, con i relativi pagliacci d’ordinanza in servizio permanente effettivo. Non c’è bisogno di sforzi titanici per fare umorismo demenzial-surreale sulla realtà: è la realtà stessa ad essere ridicola, demenziale, surreale. Parafrasando un comico poco noto, tale Woody Allen, l’umorista è un tizio che si fa pagare per farti notare quello che potresti osservare da te gratis.

Hai una raccolta di ‘Fuorismi’ preferita? Io non sono riuscita a sceglierne una; mi sono limitata a segnarmi dei determinati “fuorismi” che ho adorato.

Premesso che quest’ultima cosa che hai detto mi ha fatto diventare color Donald Trump al tramonto col terzo bicchiere di bourbon in mano, la risposta è sì. Sono particolarmente legata al primo libro (“Scusate il ritardo mentale”) e al terzo (“Amore un corno”), in cui al di là delle battute più o meno divertenti, pochi forse hanno notato un sottofondo amaro. Quest’ultimo libro, per ragioni tecniche – veniva troppo grosso per un tascabile – abbiamo dovuto “spezzettarlo”: diverse frasi a sfondo sessuale, non le più spinte, sono state inserite in “Di tutto un porco”. Volume che alla fine, pur non essendo il mio preferito e complice un contesto illustrativo secondo me particolarmente felice (ma un complimento alla nostra super-grafica, ragazze, glielo volete fare?) , risulta molto meno triviale di quello che sembra. Altri ‘Fuorismi’ sull’amore masochistico e sul masochismo in generale andranno in un volume di futura pubblicazione che si chiamerà “La supposta è dentro di te”. Idem con “Oggi mi sento asociale”, in cui abbiamo lasciato i ‘Fuorismi’ a carattere “privato”, mentre quelli dedicati a soggetti “pubblici” o similari (Stato, pubblica amministrazione, fisco, banche, autorità e classe “digerente” in genere…) andranno nel sesto volume, “Con il dovuto dispetto”), non ancora uscito. Quanto ad “Attacchi colitici”, in cui il riferimento alla politica è particolarmente evidente nel titolo inglese della nostra super-traduttrice Arianna Muti (“Polidicks”), noto che è quello preso meno in considerazione dalle blogger. Capisco che l’argomento è particolarmente scottante e che, siccome la sottoscritta non ne ha per nessuno, i contenuti sono facilmente strumentabilizzabili dal politicante di turno. In ogni caso, se a qualcuno interessasse, riassumo qui la mia posizione politica:

“Anarco-liberal-radical-non-chic di estrema sinistra antiautoritaria e antianalcolica, marxista tendenza Groucho, con scappellamento a destra come se fosse Antani”.

N.B. Ogni riferimento ad “Amici miei” è puramente (e)voluto.

Una domanda specifica: hai per caso una suocera terribile che ti ha ispirata? Dire che molti ‘Fuorismi’ parlano proprio di questa tanto temuta “figura” sarebbe riduttivo.

Un buon 50% dei ‘Fuorismi’ è frutto di esperienze personali dirette. Anche in questo caso la risposta è sì. So che nelle tradizioni popolari italiane la suocera (intesa in senso lato come madre del compagno, indipendentemente dal fatto che la coppia sia sposata o meno) è vista come una figura abbastanza negativa. Cito in proposito un “fuorisma” ante litteram del Grande Maestro Antonio de Curtis, in Arte Totò: “Non tutti i mali vengono per suocere…”. Premesso che non è mai giusto generalizzare, spesso di fatto questa figura rappresenta una delle cause più importanti della rottura di molte relazioni. Mi dispiace in questo caso di non poter essere particolarmente originale.

Per ora ne hai pubblicati sei; ne hai in cantiere altri?

Per la precisione cinque; il sesto (“Con il dovuto dispetto”) dovrebbe uscire prima dell’estate, Covid e politici permettendo (scusami ma mi viene spontaneo confondere le due cose). Ne ho almeno altri cinque o sei in serbo (prima di pubblicarli però devo trovare un traduttore bravo…).

O, ancora meglio: hai mai pensato all’eventualità di scrivere altro oltre ai tuoi famosi ‘Fuorismi’? Altro che sia un racconto, un romanzo, una raccolta… Questo mi incuriosisce molto. Hai tanta inventiva e chissà che cosa potresti creare.

Dopo aver letto l’ultima frase, di cui comunque ti ringrazio, lo specchio mi ha restituito un colorito tipo Ed Sheeran steso sette ore al Sole senza crema sulla spiaggia di Cancun a Ferragosto. A parte questa battuta stupida (scusa il ritardo mentale), è una domanda molto difficile. In realtà non sono molto sicura di essere io l’autrice di quello che scrivo. Come ti ho detto sopra (succede talvolta agli psicopatici) mi arrivano queste frasi dentro la testa, provenienti non so da dove, se da una dimensione sconosciuta o da una parte oscura del mio cervello. Già all’età di 10-11 anni scrivevo sui diari scolastici non i compiti, ma frasi umoristiche sui matrimoni falliti e sulle storture della società. Tutto andato perduto, ovviamente. Pazzia precoce o reminiscenze di vite precedenti? Non saprei. Quando ho scritto, come ho scritto, che a volte ho l’impressione di essere “un po’ suonata”, non è solo una battuta. Racconti, romanzi? Sì, da piccola ne scrivevo. Non ho più nulla di tutto ciò, in ogni caso credo che se li rileggessi oggi li butterei via. Scrivere un romanzo non è uno scherzo, ci vuole una trama con una logica, occorre possedere una certa tecnica narrativa. Non so se sono all’altezza. Casomai mi venisse voglia, mi piacerebbe scrivere qualcosa di totalmente illogico sul genere stream of consciousness, tipo ‘Tarantula’ di Bob Dylan. Andando sul pratico, cercherei intanto di completare la serie dei ‘Fuorismi’. L’ultimo che ho in mente sarà sulle religioni: ti rammento in proposito che le visite in carcere, soprattutto se accompagnate dai tarocchi siciliani, sono sempre gradite.

Che cosa ti aspetti dal futuro? Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

Dicono i saggi che non bisogna avere aspettative, e che il futuro è semplicemente la continuazione del presente. Io non dico nulla anche perché mi ritengo tutt’altro che saggia, altrimenti non sarei qui su questo pianeta. I miei obiettivi personali non credo interessino al pubblico, vista anche la mancanza dello stesso. Ho degli obiettivi, o meglio dei “sogni sociali”, che come dice un noto musicista inglese prematuramente scomparso in una canzone un po’ mielosa (per questo è stata accettata…), immaginano un mondo senza divisioni, senza nazionalismi, senza religioni istituzionalizzate, senza inferni né paradisi, senza niente per cui uccidere e morire, senza Brexit… Insomma, com’è nel mio stile, ammesso che abbia uno stile, ho voluto terminare con qualcosa che facesse (sor)ridere.


Devo lavorare sulle mie conclusioni, ma diciamoci la verità: se scrivessi “Grazie per essere stato/a con noi” cadrebbero a tutti quanti le braccia. Preferisco che il dialogo lo concluda il nostro “ospite”, cosa che fa meglio di me di sicuro.

E ora ditemi che non avete una grande voglia di incontrare Elisabeth/BriAnnA e di stringerle la mano; davvero, queste risposte sono state da tappeto rosso. E io sono stata lusingata dal fatto di poterla intervistare.

Questi ‘Fuorismi’ dei quali abbiamo parlato sono stati una scoperta incredibile e colgo l’occasione per consigliarli a tutti, specie per farsi due risate o per alleggerire la giornata. Sono quello che sono.

Trama de ‘I Fuorismi di BriAnnA’

Questa collana surreal-sarcastico-demenziale è nata all’insegna di una particolare vocazione alla provocazione, dato che i testi sono particolarmente provocatori e l’autrice è particolarmente provocante. Da non leggere in tempi di coronavirus: potrebbe perfino mettere di buon umore.

La mia recensione

Intervista a Emanuele Marconi

Questa è la prima intervista che scrivo; “intervista”, che parolone, però ci sto provando. Quando ho ricevuto questa proposta, ho subito pensato all’assurdità della cosa, perché tutto ciò è qualcosa che non ha mai nemmeno attraversato l’anticamera del mio cervello. Ma va beh… Perché non buttarsi?

E il prescelto per questo mio primo tentativo sei proprio tu, Emanuele Marconi, tu e il tuo ‘Il sette di cuori – La carta rivolta’, mia prima collaborazione con un autore emergente e romanzo che mi è piaciuto davvero molto leggere. Sottolineiamo questi ultimi dettagli, perché direi che hanno un certo peso.

Direi che chiederti nome, cognome ed età farebbe piombare i nostri lettori nel mezzo di un incontro degli Alcolisti Anonimi, quindi andiamo subito al sodo e cominciamo proprio dalla tua carriera di scrittore e dal tuo libro.


Quando hai iniziato a scrivere?

Mi sono avvicinato alla scrittura negli ultimi anni del liceo, senza l’obiettivo preciso di “scrivere” o di comporre romanzi. Più che una passione che viene da lontano o “innata”, mi vien da dire che è “frutto delle cose che succedono”. Ho iniziato a scrivere un po’ per gioco, un po’ su invito dei professori a partecipare a qualche concorso, e un po’ – fondamentale – per intima esigenza. Mi sono dedicato per anni – direi nel periodo universitario – alla scrittura di racconti, per poi cimentarmi con la dimensione del romanzo.

Che genere di romanzi ti piace leggere di solito?

Non ho un genere letterario preferito, così come non ho un genere cinematografico o musicale preferito. Ho molti interessi e, di conseguenza, spazio molto nelle mie scelte. Cerco di alternare i cosiddetti “classici”, o comunque opere più “dense”, a libri di narrativa contemporanei e di più facile fruizione. Al di là del genere, amo i libri che mi danno modo di riflettere sui temi contenuti, che contengono una traccia significativa del loro tempo e che sono capaci di sopravvivere dopo la lettura dell’ultima pagina e il loro riposizionamento in libreria. E poi ci sono opere e generi che possono sorprenderci! In questo periodo sto rivalutando un genere che fino a qualche anno fa tendevo a evitare: le biografie. Ad esempio, ho appena terminato la lettura della biografia di Magellano scritta da Stefan Zweig: uno dei migliori libri letti degli ultimi anni!

‘Il sette di cuori’ ha preso spunto da un titolo in particolare, o da un autore?

No, non credo. Non c’è nessun titolo o autore che ha ispirato l’idea, semmai ci sono stati dei testi che, a idea già partorita – quantomeno nella sua bozza, mi hanno aiutato molto per la successiva scrittura. Tra i tanti che ho letto, ne cito due: “Tutti gli uomini del Presidente” di Bob Woodward e Carl Bernstein e “Il Novantatrè” di Victor Hugo. Il primo, l’indagine giornalistica relativa al caso Watergate, è stato fondamentale per comprendere meglio le dinamiche del giornalismo investigativo; il secondo per “immergermi” nella Francia di fine Settecento. A proposito della domanda precedente, ecco una tipologia di libro che apprezzo in modo particolare: il romanzo storico capace di delineare il quadro di un periodo specifico narrando la Storia (con la S maiuscola) attraverso le storie (minuscola!) di personaggi di fantasia, nei quali i fatti e i personaggi reali rientrano come cornice e sfondo.

E quindi ti chiedo: come è nata l’idea del tuo romanzo?

Non c’è un momento, chiamiamolo così, “epifanico” in cui “si è accesa la lampadina”. Credo sia invece il frutto dell’elaborazione di più idee che ben si amalgamavano. Diciamo che ci sono tre elementi fondanti. Il primo è certamente l’idea di porre un treno – con la sua dose di attrazione e adrenalina – come centro nevralgico della storia, accompagnato da un alone di mistero. Parallelamente, volevo far ruotare la trama attorno a due grandi temi: la manipolazione delle informazioni e il concetto di rivoluzione. Treno, manipolazione, grandi cambiamenti credo siano quindi gli spunti inziali su cui ho costruito “Il sette di cuori”.

Il personaggio di Marco Ledogli è ben delineato, con dei principi, e un ottimo “modello da seguire”; prende ispirazione da una persona reale?

Ogni personaggio ha in sé qualcosa dei miei pensieri, dove con “miei pensieri” non intendo solo la mia personalità e il mio carattere, ma anche la mia rielaborazione di tutto ciò che vedo, sento, provo – di positivo o negativo. Sono quindi tutti personaggi di fantasia nei quali riecheggiano sensazioni reali. Fa eccezione Ledogli, che in effetti trae ispirazione da un personaggio reale. Quindi sì, quando ho ideato il personaggio avevo in mente una persona che, però, preferisco non menzionare.

Hai mai pensato alla possibilità di scrivere un sequel?

Sinceramente no. Piuttosto che a realizzare dei veri e propri sequel, sono più interessato a scrivere storie indipendenti che però abbiano dei punti di congiunzione: un personaggio, un fatto, un evento… Qualcosa che li tenga vagamente uniti pur nella loro totale autonomia. Ma non escludo nulla in partenza.

O hai già altre idee per romanzi futuri estranei a ‘Il sette di cuori’?

Sì, esattamente quello che dicevo prima. Il secondo libro avrà come protagonista un personaggio secondario – ma importante – de “Il sette di cuori”, del quale andremo a scoprire il passato. Credo che passato, presente e futuro siano strettamente uniti e che, nel loro succedersi, determinino chi siamo, oltre che il volto del mondo in cui viviamo. Del resto, la riflessione sullo scorrere del tempo è centrale anche ne “Il sette di cuori”.

Come ti vedi nei prossimi anni? Speri in una vera e propria carriera di scrittore affermato? Credimi: secondo me hai delle buonissime basi dalle quali partire.

Ti ringrazio molto per queste gentili parole. Stando al gioco letterario, ti direi che il treno è appena uscito dalla stazione. Fuor di metafora, credo di aver solamente mosso il primo passo e che la strada per diventare uno “scrittore affermato” sia lunga. Però sono consapevole di aver iniziato il viaggio, di cui non conosco ancora la destinazione. Come ho fatto negli ultimi anni, anche per i prossimi l’impegno nella scrittura sarà “part time”, da affiancare al lavoro (dopo anni nel mondo della vendita, ho da circa un anno avviato un’agenzia pubblicitaria di ambito principalmente culturale). Però sto cominciando a catalogare come “momento di lavoro” anche quello della scrittura. Fino a uno o due anni fa non era così: era uno spazio di grandi stimoli ma indefinito, che nei momenti di poca convinzione arrivavo addirittura a ritenere “tempo perso”. Ora non lo ritengo più così: è uno spazio importante, ma non so che rilievo avrà in futuro. Per il momento cerco di far conoscere il più possibile “Il sette di cuori” nella speranza che piaccia e che possa stimolare riflessioni ed emozioni nel lettore. Il resto lo scoprirò. Intanto, continuo a scrivere.

Domanda scontatissima, ma direi anche molto utile: che cosa consigli a tutti gli autori emergenti che sicuramente ci stanno leggendo?

Sono giovane e ho appena pubblicato il primo libro, quindi non credo di essere nella posizione di dare consigli. Posso solo suggerire di essere se stessi nella scrittura, di essere curiosi e di realizzare opere “libere”, non legate cioè (almeno non unicamente) a “quello che può piacere” ma al contributo che possono dare, al mondo e agli altri, oltre che a se stessi.


E a questo punto non so come dovrei chiudere questa intervista. Ok, vi giuro che migliorerò, ma adesso permettetemi di avanzare carponi, va bene?

Direi che prima di tutto ringrazio Emanuele Marconi per aver accettato di rispondere alle mie domande e, soprattutto, di avermi fornito delle risposte fantastiche che non fanno che aumentare la stima che già provo nei suoi confronti. Come dicevo ho letto il suo romanzo d’esordio e dire che mi è piaciuto davvero tanto sarebbe un eufemismo.

Ho pensato a lungo se porre ulteriori quesiti, se scavare più a fondo, ma poi ho ritenuto le mie curiosità sufficienti.

Qui di seguito vi lascio la trama del libro e il link alla recensione che ne ho scritto, se dovesse interessarvi. Ringrazio anche voi tutti che avete letto questa pagina e, se deciderete di condividere le vostre impressioni, non potrà che farmi piacere.


Trama di ‘Il sette di cuori – La carta rivolta’

Un ragazzo psicopatico che urla frasi rivoluzionarie inneggianti la liberta a Milano Centrale, il cadavere di un giovane ritrovato nei pressi dei binari di una ferrovia toscana, un misterioso treno che viaggia per l’Italia. L’astuto giornalista Marco Ledogli intuisce che la realta e diversa da come appare, ma non sa quanto oscure possano essere le trame – economiche, politiche, societarie – di chi agisce nell’ombra. Un thriller, un mystery, un gioco letterario che scorre a doppio binario tra passato e futuro, in una riflessione sul tempo, sui grandi cambiamenti, sulla libertà, sulla manipolazione mediatica, sul confine tra reale e illusorio, in un confronto tra tutto quello che si può cambiare e quello che, invece, deve rimanere immutabile: la verità dei sentimenti.